Amplified Brain: i perché della motivazione

People Amplified Brain: i perché della motivazione

Gli esseri umani non sono macchine. Sono però anch’essi governati, almeno parzialmente, da meccanismi che regolano il loro comportamento. In questo articolo Giorgia Quadrato, ricercatrice di neuroscienze alla Harvard University, ci spiega come l’Amplified Identity possa trovare i suoi contorni anche nella scienza.

sintesi

Cosa succede nel nostro cervello quando ci emozioniamo, proviamo paura, desideriamo qualcosa o impariamo?

Queste sono solo alcune delle domande alle quali le neuroscienze stanno cercando di dare una risposta basata su evidenze scientifiche.
Avvalendosi di un approccio multidisciplinare di ampio spettro (dalla biologia alla chimica, dalla psicologia alla medicina, dalla linguistica all’informatica) il neuroscienziato si serve delle più moderne tecnologie di scansione e analisi del sistema nervoso per registrare, e poi capire, “perché” proviamo certi sentimenti, assumiamo specifici comportamenti, prendiamo decisioni invece di altre o, a volte, ci ammaliamo.

Pur essendo ancora lontani dallo svelare tutti i dettagli dei complessi meccanismi del cervello che fanno di noi quello che siamo, già oggi le neuroscienze hanno messo in luce alcuni aspetti basilari che riguardano, per esempio, la motivazione delle persone.
In particolare, si sta dimostrando e codificando il ruolo fondamentale svolto da alcuni neurotrasmettitori, ovvero delle sostanze biochimiche prodotte dal cervello che trasmettono informazioni da un neurone e l’altro, generando reazioni fisiche e sensazioni.

Si può esemplificare il ruolo di neurotrasmettitori paragonandoli a messaggeri che, una volta inviati da un neurone, sono in grado di portare uno specifico messaggio ad altri neuroni. Se prendiamo il caso del neurotrasmettitore chiamato serotonina, le cui generazione ed emissione sono collegate a eventi sociali nei quali la nostra stima personale viene rafforzata (per esempio in momenti di riconoscimento pubblico del nostro valore), quando questa sostanza raggiunge i ricettori di altri neuroni, ecco che il nostro umore migliora e ci sentiamo “bene”.

Così come la serotonina viene stimolata anche da eventi ambientali e genera sensazioni e comportamenti conseguenti, l’ossitocina – noto anche come “ormone delle coccole” – regola alcuni aspetti legati alla relazione tra persone, l’adrenalina entra in gioco in contesti connessi con la competitività, le endorfine hanno un ruolo chiave nel piacere fisico e decine di altre neurotrasmettitori hanno impatto di analoga por- tata in contesti diversi.

Quando si parla di motivazione, di desiderio, di partecipazione attiva, c’è però un neurotrasmettitore che merita una menzione specifica: la dopamina. Tra le sue tante e varie funzioni, la dopamina stimola il desiderio di fare, di ottenere qualcosa.

Più che come ricompensa per un’azione svolta, come accade per esempio con le endorfine che sono generate in grande quantità quando si svolgono attività fisiche impegnative (mai sentito parlare di runner high?), la dopamina si attiva quando ci rendiamo conto che, svolgendo particolari azioni, ne conseguirà una ricompensa per noi ritenuta di grande valore.

La prossima volta che non avremo voglia di andare in palestra, immaginare il risultato della nostra fatica, per esempio un numero sulla bilancia o l’apprezzamento degli amici, potrà attivare la giusta quantità di dopamina che ci renderà più facile alzarci dal divano.

Articolo tratto dal nostro Quaderno 8 “Ne(x)twork: Flow, Amplified Identity, Common Environment”.

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