Trasformare le skill in comportamenti. Un modello  sistemico

Society Trasformare le skill in comportamenti. Un modello sistemico

Ecco come può svilupparsi un ecosistema evolutivo per le competenze, fondato sulla persona e in costante dialogo con le organizzazioni. Per trasformare le skill in comportamenti

  • Parte dalle conoscenze individuali
  • Intercetta hard e soft skill in relazione alla biografia delle persone
  • Abilita le persone a mixare il proprio patrimonio di conoscenze e competenze
  • Viene costantemente tenuto in vita attraverso 4 attivatori: attitudine, motivazione, permesso e opportunità
  • Trasforma le skill in comportamenti

Skill, cioè abilità, conoscenze, competenze, attitudini… La tentazione è forte: usare queste parole come sinonimi. Ma non lo sono. Inoltre, quando si tratta di affrontare percorsi di potenziamento delle persone, c’è una seduzione ancora più potente: creare un nuovo vocabolario: fare tabula rasa del vecchio per rifondare un sistema. Quasi che le nuove parole possano essere sufficienti ad aprire la strada. 

Proviamo però a fissare qualche coordinata. Perché, nell’universo dello sviluppo personale, parole e tendenze sono moltissime e, senza una direzione, possono diventare soluzioni equivalenti e inefficaci. In questo articolo, quindi, ci siamo esercitati in un lavoro di sintesi, per fissare i concetti che continueremo a usare nel Quaderno

Le conoscenze

Innanzitutto, due termini meritano di restare separati: conoscenze e skill. Le prime riguardano le idee, informazioni e le concezioni acquisite durante gli anni di formazione. Un bagaglio culturale, fatto anche delle nostre passioni private. Ha a che fare con il modo con cui guardiamo la realtà ed è il “luogo” dove si generano nuove idee. Le “conoscenze”, quindi, ineriscono la comprensione del mondo e degli altri, e hanno bisogno tempo per formarsi. In compenso, le conoscenze sono resistenti nel tempo e, una volta acquisite, non vanno velocemente fuori moda. Sono una componente essenziale del talento e dell’unicità della persone, perché derivano da un percorso che si identifica con la propria biografia. Non possono cioè essere prodotte in serie.

Le conoscenze derivano dalla nostra biografia. Non possono essere prodotte in serie

Le skill

Rispetto alle conoscenze, sono qualcosa di diverso. Forse possiamo immaginarle come strumenti per affrontare un problema, gestire situazioni o usare una tecnologia. Di sicuro sono qualcosa che ha a che fare con la pratica, si affinano con l’esperienza e – se non esercitate – “deperiscono”. Quando si parla di skill, il fattore tempo è fondamentale. Se le immaginiamo come utensili, rischiano di spuntarsi – devono essere maneggiate in modo appropriato. Inoltre dobbiamo esser sicuri di utilizzare quelle giuste, al momento giusto. Al contrario delle conoscenze, alcune delle quali potremmo definire “universali”, le skill sono specifiche e selettive (abilità non più utili, possono/devono essere accantonate).

La convergenza tra hard e soft

Com’è noto, le skill vengono suddivise in hard e soft. Le prime sono quelle misurabili, insegnabili e si riferiscono a uno specifico ambito di conoscenza (saper programmare, gestire un bilancio), le seconde sono invece quelle non-cognitive (pensiero creativo, intelligenza emotiva ecc.). Nella visione tradizionale, le prime sono fondamentali, le seconde accessorie. Le ultime tendenze invece tracciano una convergenza delle due tipologie: c’è chi parla di fusion skill, altri – come l’interessante The Human Factor di Kim J. Vicente – hanno coniato il termine basement skill, per individuare un insieme di abilità fondamentali in un ruolo. Ma se non ha più senso creare una gerarchia tra tipologie di skill, conviene non rimanere intrappolati nelle classificazioni e nelle complicazioni. Hard e soft skill hanno una tradizione consolidata, che conviene preservare, per concentrarsi sul modo in cui interagiscono tra loro. 

I set di competenze

otremmo dire che conoscenze e skill facciano parte delle potenzialità di una persona. Ma ogni contesto, ogni progetto, ogni lavoro, necessitano di un mix adeguato di questi due elementi: questo è ciò che forma i set di competenze. Perché a un nuovo task non corrisponde una nuova skill, piuttosto una diversa combinazione di competenze acquisite. Da questo punto di vista, per le organizzazioni diventa rilevante mappare le skill e le conoscenze delle proprie persone, per poterle ricombinare, per poter attivare collaborazioni efficaci e colmare gap specifici. Inoltre, affiancando persone con formazioni diverse e mixando set di competenze, si possono innescare percorsi di sviluppo orizzontali.

Per le organizzazioni diventa rilevante mappare le skill e le conoscenze, per poterle ricombinare, attivare collaborazioni e colmare gap

Gli attivatori

Finora abbiamo affrontato la sfera del saper fare. Con il giusto set di competenze, i team hanno tutti gli strumenti per gestire uno scenario in rapida trasformazione. Ma “essere in grado di…” può essere molto distante dal mettere in pratica le proprie skill su un progetto o utilizzarle per prendere decisioni. Daniel Kahneman – Premio Nobel e padre dell’economia comportamentale – nel suo celebre Pensieri lenti e veloci scrive: “L’acquisizione di nuove skill richiede un ambiente adatto, un’adeguata opportunità di metterle in pratica e feedback rapidi e chiari”. Usciamo per un attimo dall’ambito lavorativo: se abbiamo il brevetto per andare in barca a vela, ma non abbiamo mai lasciato un porto, questa abilitazione non ci porterà in nessun luogo. E allora esercitare questa skill sarà inutile e la memoria la eliminerà. 

C’è quindi bisogno di qualcosa che attivi i processi di mantenimento, selezione e potenziamento dei set di competenze. È un punto di vista diverso rispetto allo scaffolding nella psicologia evolutiva, e cioè quell’aiuto per sviluppare le nostre conoscenze. Skill e conoscenze, quindi, non fanno parte di un catalogo di informazioni alle quali attingere, ma si trasformano in azioni tramite attivatori che permettono di adattarci per raggiungere un risultato comune. 

Proviamo a individuare questi attivatori. Sono elementi relazionali, presenti tanto nelle persone quanto nelle organizzazioni.

1. Attitudine.  C’è chi sostiene che si innesti su una predisposizione (su qualcosa di innato), altri pensano si tratti di un costrutto della nostra biografia. Resta il fatto che ogni attitudine va sviluppata e coltivata. Agisce come l’innesco per un processo di influenza tra persone e collettività. L’attitudine non si fonda solo su componenti razionali, ma ha una forte base affettiva. È ciò che offre un primo passo, una prima risposta “istintiva”, per esempio, alle domande: “Mi sento adatto a lavorare qui?” o ancora: “Voglio mostrare le mie abilità in questo contesto?”.

2. Motivazione. È ciò che conduce ad abbandonare una pratica consolidata per dar vita ad azioni nuove. È fatta di un incontro continuo tra bisogni organizzativi e aspirazioni individuali. Soprattutto, introduce in maniera chiara, consapevole, e magari anche pubblica, il fattore “io”, nel contesto in cui opera. E trasforma il livello delle interazioni. Le motivazioni chiamano altre motivazioni. E si nutrono di feedback

3. Permesso. È un attivatore ambientale. Nei processi di innovazione e di re- e upskilling è ciò che concede uno spazio di pratica per esercitare nuove modalità e nuovi strumenti.

4. Opportunità. Ha a che fare con la rilevanza delle azioni messe in pratica. Questo attivatore permette a individui e organizzazioni di testare l’efficacia di nuove abilità e alimenta lo spirito di adattamento: fa sì che un’impostazione teorica possa essere verificata su un progetto. E quindi estesa ad altre realtà aziendali, oppure scartata.

I comportamenti

Tutti gli attivatori, insomma, vivono in uno spazio sociale dinamico che modifica ogni azione quotidiana. Spingendoci più in là, potremmo dire che, quando le skill diventano comportamenti, acquisiscono velocità: possono diventare istinto e intuizione. Il massimo risultato desiderabile? Le organizzazioni diventano autonome nel generare nuovi set di competenze derivate dal contesto, in cui percorsi personali ed educativi (le conoscenze) diventano strumenti pratici (skill) che si adattano a seconda dei ruoli. E così applicare nuove abilità diventa tanto naturale da dimenticare il processo che ci ha permesso di acquisirle.

n sintesi, quando gli attivatori hanno trasformato le skill in comportamenti, si può dire vinta quella tendenza che – per citare ancora Kahneman – è connaturata nelle nostre menti: la pigrizia. Perché non si tratterà più di apprendere qualcosa di nuovo: lo stiamo già esercitando. E questo qualcosa si sta già evolvendo in relazione con gli altri.

 

 

Weconomy book

  •  Thinking, connecting, cooperating, collaborating, swarming, empowering, democratizing, sharing: il futuro è già cambiato. 19030

    Thinking, connecting, cooperating, collaborating, swarming, empowering, democratizing, sharing: il futuro è già cambiato.

    Il primo mattone che ha dato il via al progetto Weconomy. Weconomy, L’economia riparte dal noi esplora i paradigmi e le opportunità dell’economia del Noi: più aperta, più partecipativa, più trasparente fatta di condivisione, reputazione e collaborazione. Grazie al mash-up di contributi internazionali e alla partecipazione di oltre 40 co-autori, Weconomy Book è un serbatoio di energia, pensieri, teorie, storie, pratiche e strumenti che ruotano attorno al tema del talento collettivo. Un incubatore informale e aperto al contributo di tutti, per immaginare, creare e continuare ad innovare il futuro dell’economia.

Magazine

  • Una visione completamente diversa

    Una visione completamente diversa

    Le comunità trasformative sono organismi viventi situati in spazi ibridi. Sono multidimensionali e porose, sempre in movimento e attraversate da esperienze che attivano scambi e generano azioni trasformative. È mettendo al centro queste comunità, oltre agli individui che le abitano, che possiamo affrontare le grandi sfide del presente e del futuro, generando impatti positivi.

  • UFO. Unidentified Future Organizations

    UFO. Unidentified Future Organizations

    Le organizzazioni sono diventate UFO: oggetti non identificati in trasformazione. Oggi abbiamo la possibilità di immaginare un futuro desiderabile per questo nuovo tipo di imprese, ibride distribuite. A partire dal nuovo ecosistema di relazioni e dai legami significativi tra persone, territori e comunità.

  • Trash. Sconfiggiamo la vendita-spazzatura

    Trash. Sconfiggiamo la vendita-spazzatura

    In questo Quaderno indaghiamo le origini del trash. Che, per noi, nascono da quella vendita che non risolve problemi reali e concreti. L'antidoto è una vendita circolare e infinita, che trae il massimo vantaggio moltiplicando i punti di contatto con il Cliente, coinvolgendolo e generando una visione condivisa tra persone e organizzazioni.

  • Kill Skill: un non catalogo di competenze

    Kill Skill: un non catalogo di competenze

    Non esistono skill “a prova di futuro”. Perché, quando parliamo di abilità e competenze, in realtà parliamo di sviluppo delle persone.

    In questo Quaderno abbiamo affrontato il tema delle skill dal punto di vista sistemico, per esplorare ciò che ispira e motiva a imparare, a praticare nuovi comportamenti e innesca percorsi evolutivi che connettono persone e organizzazioni.

  • Robot: l'automazione è collaborativa?

    Robot: l'automazione è collaborativa?

    R come Robot - Quali sono le possibili relazioni tra umani e tecnologia? Il tema è esplorato indagando in due sezioni le trasformazioni a livello sociale e aziendale. Una sezione dedicata alla mostra Posthuman (svoltasi durante la MDW 2017) conclude il quaderno. L'obiettivo di questo numero è quello di fornire spunti, quello di avviare un dialogo, di stimolare un'ulteriore esplorazione di diversi punti di vista.

  • Quid novi? Generazioni che collaborano

    Quid novi? Generazioni che collaborano

    Q come Quid Novi – Generazioni che collaborano. Il quaderno numero 11 di Weconomy si concentra sulla condivisione di luoghi, tempi e spazi da parte di diverse generazioni con mindset differenti e sulle trasformazioni che questa convivenza implica. Autori dalle età, competenze e mestieri diversi, per assicurare un punto di vista molteplice. Perché la collaborazione tra generazioni è un’opportunità.

  • POP Collaboration: Point Of Presence

    POP Collaboration: Point Of Presence

    P come P.O.P. Collaboration. Il decimo quaderno descrive lo spettro di significati assunti dall’io nei processi di collaborazione. 12 autori dai background diversi si interrogano sul ruolo dell’individuo che si riprogramma e si trasforma (Hyperself) e che collabora in maniera diffusa e spontanea, essendo consapevole del ruolo degli altri io coinvolti (Integrated Self). L’io come particella fondamentale della collaborazione.

  • Oops, Or, Ok: il paradosso della scelta continua

    Oops, Or, Ok: il paradosso della scelta continua

    O come OOPS, OR, OK. Il Quaderno 9 indaga il paradosso della scelta continua: tra i 14 autori che esplorano le tematiche legate al “prendere decisioni”, troviamo dall'astronauta, al medico, dal designer al community manager, tutte persone che lavorano in contesti in forte trasformazione. Perché di fronte alla scelta e alle opzioni, l’unica scelta veramente sbagliata è non scegliere.

  • Ne(x)twork: flow, amplified identity, common environment

    Ne(x)twork: flow, amplified identity, common environment

    N come Ne(x)twork, neologismo che gioca sulle parole next, work e network. Il Quaderno 8 è dedicato al futuro del lavoro e alla necessità che questo sia connesso e condiviso in modo continuo. Una condivisione che porta alla creazione del Flow (Flusso) che l’Impresa collaborativa ha il bisogno di saper dirigere, coordinare, stimolare ed eventualmente modificare in itinere.

  • Management: Cross, Self, Content

    Management: Cross, Self, Content

    M come Management. Il settimo Quaderno esplora le mutevoli dinamiche e i cambiamenti che riguardano il mondo del Management: un racconto in tre atti di come intrecci tra universi diversi (Cross), propensione all’auto-organizzazione coordinata (SELF) e valorizzazione dei contenuti sull’offerta (Content) rappresentino le tre diverse dimensioni nelle quali l’Impresa collaborativa si sviluppa.

  • Local: Talent, Community, Making

    Local: Talent, Community, Making

    L di Local.Un’occasione per riflettere e agire sulla (e dalla) dimensione collaborativa come combinazione di Talent, Community e Making. Con inserto dedicato alla quarta dimensione del Tempo con Timescapes.

  • Info, Indie, Inter: L’Innovazione rinnovata

    Info, Indie, Inter: L’Innovazione rinnovata

    I come innovazione, che è prima di tutto unaa questione di valori (e di valore). E innovare il contenuto (Info), innovare l’attitudine (Indie), innovare la relazione (Inter) sono le tre possibili scelte di valore per le Imprese.

  • HR: Human (R)evolution

    HR: Human (R)evolution

    La “Rivoluzione dell’Impresa” che mette la persona al centro del suo futuro. Una rivoluzione che trasforma la Persona umana da risorsa ad “atleta, acrobata, artigiano”.

  • Empowerment, Feedback, Gamification: c’era una volta il Retail

    Empowerment, Feedback, Gamification: c’era una volta il Retail

    C’è e soprattutto ci sarà ancora? Se ne parla in questo terzo Quaderno attraverso 3 parole chiave: Empowerment, Feedback, Gamification, aspetti fondamentali del retail collaborativo.

  • Design: (Re)shaping Business

    Design: (Re)shaping Business

    D come Design: aperto, social e collaborativo, a disposizione dell’Impresa per (ri)dare forma al business. Un quaderno che raccoglie e sviluppa spunti e contributi emersi durante l’evento Making Together.

  • Auto, Beta, CO: (Ri)scrivere il Futuro

    Auto, Beta, CO: (Ri)scrivere il Futuro

    Il quaderno dedicato alle prime lettere dell’alfabeto per l’Impresa collaborativa: A come Auto, B come Beta, C come Co. Perché la collaborazione è sì una necessità, ma funziona solo se c’è uno scopo e un senso condiviso.