Open Design: tre casi concreti

Innovation Open Design: tre casi concreti

Arduino, Free Universal Construction Kit e Local Motors. Tre esempi di Open Design.

sintesi

ARDUINO

Impossibile parlare di making ed open design senza passare per la più nota delle piattaforme hardware open source di prototipazione elettronica. A maggior ragione se pensiamo che la culla di Arduino è la capitale ufficiosa della weconomy italiana: Ivrea, patria di Olivetti (che, non a caso, ha le sue “impronte digitali” sul progetto, nato nel 2005 in seno al fu Interaction Design Institute voluto proprio dalla società del gruppo Telecom). Il cuore della piattaforma – il circuito stampato che chiunque può acquistare già assemblato per pochi euro oppure costruirsi da sé grazie alla libera disponibilità del progetto – ha il merito di aver ormai insinuato nell’immaginario il germe del copyleft Creative Commons applicato al fisico e non più al solo digitale. Senza contare il valore che l’ecosistema Arduino genera sia in entrata (le piccole aziende italiane che ne costruiscono i componenti), sia in uscita (le startup che dello sviluppo di prodotti Arduino-based hanno fatto un modello di business).

FREE UNIVERSAL CONSTRUCTION KIT

Inserire come case history d’impresa un collettivo newyorkese che si propone di “hackerare arte e cultura” può sembrare una provocazione. E, in un certo senso, lo è (tanto quanto lo era la presenza del movimento Occupy al numero 7 della Top 50 di Fast Company delle “aziende” più innovative del 2012). Ma, valore “ispirazionale” a parte, questo progetto di open design a cura del F.A.T. Lab (Free Art & Technology) pone ai brand una questione serissima: il tema dell’interoperabilità. Cosa accade quando, dal basso, emerge un sistema come questo che mette letteralmente in connessione i prodotti di marchi differenti? Ieri era il software (VLC che legge formati video di diversi proprietari, per esempio), oggi – con questo Free Universal Construction Kit – tocca ai giochi di costruzioni, grazie a un set di adattatori che è possibile “scaricare” liberamente e stamparsi in 3D a casa propria. E domani? Meglio prendere nota. E iniziare a far frullare l’immaginazione.

LOCAL MOTORS

Abbiamo già sfiorato il caso di questa micro-industria automobilistica statunitense su Weconomylibro; in occasione dell’incontro all’evento Frontiers of Interaction 2012 con il suo CEO John Jay Rogers abbiamo avuto un paio di insight in più su questa vivacissima realtà dell’open source su quattro ruote in arrivo dall’Arizona. Il primo, in fatto di cultura d’impresa, è che “All You Need is LORE”: Leadership, Organization, Respect, Engagement, questi i 4 pilastri dell’innovazione secondo Rogers. Il secondo è riferito al nuovo payoff che campeggia sul sito ufficiale Local Motors: “Empowering a World of AutoMakers”. Non solo prodotto, dunque, quanto un servizio di “messa a sistema” della community di appassionati co-designer attraverso l’iniziativa Forge: una piattaforma fisico-digitale per condividere (con tanto di marketplace) non solo i propri progetti ma anche le proprie skills, dall’ingegneria alla modellazione 3D fino alla “manualità” pura.