Crowdsourcing e intelligenza connettiva

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Carlo Infante, autore e libero docente di Performing Media, ci parla di swarm theory in equilibrio sulla sottile linea tra intelligenza “collettiva” e “connettiva”: lì dove si cela il segreto del reale crowdsourcing 2.0.

Dall’osservazione degli sciami delle api ha trovato sviluppo l’ambito di ricerca informatica definito swarm intelligence (l’intelligenza dello sciame) che analizza i vasti insiemi destrutturati di individui che riescono a portare a termine degli obiettivi sfruttando meccanismi di cooperazione.

La struttura degli sciami rappresenta una straordinaria “parallelizzazione” che ottimizza tutti gli individui della colonia sincronicamente: è su questo stesso processo che si basa la procedura in parallelo dei sistemi informatici che utilizzano contemporaneamente tutte le unità di calcolo dei processori disponibili.

Questo processo è così attivato da un comportamento virtuoso che induce ulteriore atti, condividendo, modificando l’ambiente attraverso la comunicazione. È da questa considerazione che l’intelligenza delle api può esprimere un modello biologico di riferimento per l’intelligenza connettiva espressa dalle reti, condizione che oggi si espande sia attraverso il web 2.0 sia con le smart grid, le reti intelligenti che rilanciano il principio informatico degli assetti paralleli, come quelle che vengono oggi utilizzate per l’ottimizzazione della distribuzione d’energia elettrica.

Ma è nel web 2.0 che accade ciò che più m’interessa.

Riguarda la qualità possibile di una comunicazione che si evolve nella misura in cui l’energia connettiva riesce a raggiungere un andamento di conversazione che può rasentare l’empatia.

Il termine più appropriato per questa conversazione on line è crowdsourcing, una parola nuova che sottende un fenomeno nuovo: il rilancio telematico dell’idea di vox populi che conosciamo anche come passaparola.

La parola combina il termine crowd (gente comune) e quello di outsourcing, quella pratica per cui si tende ad esternalizzare alcune attività. Quali attività? Quelle della comunicazione che si potrebbe definire, correntemente, pubblicitaria ma che rivela tutt’altra potenzialità: quella partecipativa. E si scopre che il vero senso del comunicare è nel comunicare “con” piuttosto che nel comunicare “a”.

È nel valore connettivo che si sviluppa il grande gioco della comunicazione, dal passaparola al web.

Non è un caso che tale processo abbia dato luogo al cosiddetto buzz marketing.

La parola buzz è onomatopeica e richiama (rieccoci) il ronzio delle api e la loro capacità di diffondere informazione. Il buzz marketing tende quindi a esprimere uno “sciame” informativo che rilancia opinioni, scelte, orientamenti che il mondo del marketing più avvertito sta imparando a intercettare. Una condizione aperta a nuove potenzialità d’interazione tra società e mercati, non solo per vendere prodotti ma per qualificare il rapporto con i consumatori più consapevoli.

L’aspetto che più mi interessa, quindi, va nella direzione di un’intelligenza connettiva rivolta alle potenzialità realmente social dei network. Ciò comporta una simultaneità di relazioni possibili tra l’individuo e la pluralità di tanti altri soggetti e comunità.

La connettività i-pertinente delle informazioni rompe gli schemi.

Questo concetto dell’i-pertinenza riguarda l’associazione pertinente delle combinazioni ipertestuali proprie del web (l’ipertesto più grande del mondo) e arriva da un’intuizione di Derrick de Kerckhove che per primo ha posto la questione dell’intelligenza connettiva in risposta all’intelligenza collettiva di cui parlava Pierre Levy.

Da qui si può sviluppare un ragionamento che concerne quel trasferimento esponenziale di conoscenze e buone pratiche che rivoluziona anche il paradigma della conoscenza. Una tensione atta a liberare quelle energie sociali che le comunità conoscono da sempre: è l’elemento esterno del gruppo che porta nuovo stile, nuova informazione.

Ciò ridefinisce gli equilibri e li riposiziona su un piano più ampio e articolato, sollecitando quella connessione partecipativa che favorisce le possibilità di scambio e implementazione dei saperi.

Il dato emblematico da rilevare è quindi nel fatto che il web riesce a dare valore alle istanze naturali del comunicare, rilanciando l’aspetto sociale dell’interagire umano, dato che invece il sistema dei massmedia ha viziato se non indebolito.

Il web 2.0 sta rendendo evidente, anche se per molti può sembrare paradossale, visto che tutto questo è mediato da sistemi digitali, il valore naturale del comunicare.