L’innovazione? A farla sono sempre più gli spazi di lavoro

Articoli L’innovazione? A farla sono sempre più gli spazi di lavoro

Gli spazi hanno un ruolo sempre più importante all’interno dell’impresa: rappresentano un elemento abilitante per costruire Open Innovation, favorire ibridazione, collaborazione e scambio continuo sia all’interno che all’esterno. Una riflessione partendo da Wespace per arrivare all’ultimo numero di Harvard Business Review.

Se state per leggere questo articolo, spogliatevi di come avete sempre immaginato l’ufficio e di come lo avete vissuto fino adesso. Che viviamo in un’epoca di profonda trasformazione, lo vediamo ogni giorno così come ci accorgiamo sempre più che, se non siamo pronti a “ri-tararci” e a considerarci in continua fase beta (termine  mutuato dal Web e che mi piace molto non solo perché a sua volta è preso dal greco), rischiamo di restare indietro o, meglio, di non comprendere a fondo quello che ci succede intorno. La stessa cosa vale per gli spazi di lavoro: stanno vivendo e fanno vivere più trasformazioni di quanto possiamo vedere e constatare ogni giorno. Eppure avvengono.

Parole come collaborazione e innovazione si mescolano e trovano una loro dimensione tra scrivanie, sale riunioni, scaffali e tutto quello che da sempre contraddistingue l’ufficio, ma in modo molto diverso da prima. Gli spazi oggi diventano sempre più parte dell’innovazione e agiscono per fare innovazione o meglio Open Innovation e, cosa non trascurabile, diventano sempre più parte integrante di un’impresa e ne decretano anche il successo (come potete leggere meglio sotto).

Come avviene questo? Con spazi aperti e postazioni di lavoro autonome ma allo stesso tempo collettive, aree di co-working (di cui abbiamo parlato qui) e spazi che favoriscono la progettazione e allo stesso tempo la realizzazione di workshop creativi ma anche di eventi.

Riprogettare gli spazi dell’impresa vuol dire ridisegnare i processi di lavoro, ma non solo: vuol dire creare un ambiente che ha come obiettivo costante quello di valorizzare le persone che lavorano al suo interno, che favorisce il coinvolgimento del singolo e del team, l’espressione del proprio potenziale e delle competenze, la generazione di soluzioni, contenuti e visioni innovative. Lo spazio diventa sempre più “servizio” e sempre più protagonista: il suo ruolo è quello di generare comportamenti e risultati di qualità oltre che creare collaborazione, contaminazione e anche le famose intersezioni (di discipline, di competenze) di cui abbiamo parlato in questo articolo.

L’IMPORTANZA DELLE “ATTREZZATURE”
Diventano fondamentali in questo processo anche le attrezzature, gli arredi come tavoli esagonali, spazi di relax o le enormi pareti magnetiche tutte cose che contraddistinguono gli spazi di Logotel, la service design company, che di recente ha ampliato i suoi spazi con l’area Wespace (500 mq al primo piano dell’edificio di via Ventura a Milano, di cui potete vedere un particolare nella foto). Uffici (o meglio spazi) così disegnati e progettati hanno l’obiettivo di favorire la contaminazione e la collaborazione all’interno, ma anche con tutte le altre persone che interagiscono con l’azienda stessa: collaboratori, clienti e fornitori.

SPAZI LAVORATIVI CHE COINVOLGONO LE PERSONE, LO SPECIALE DI HBR
“Spazi lavorativi che coinvolgono le persone” titola Harvard Business Review nel suo speciale di questo mese dedicato ai workplace (“Why  we hate our office” è il titolo di copertina) in cui Ben WaberJennifer Magnolfi e Greg Lindsay (un click su ogni nome per sapere le loro specializzazioni) hanno fatto qualcosa che difficilmente le aziende fanno ossia analizzare se l’organizzazione degli spazi di lavoro effettivamente migliori la performance o meno dell’azienda.

Nell’articolo (di cui potete leggere una sintesi qui in italiano altrimenti  andare alla fonte diretta in inglese, basta registrarsi per leggerlo per intero) gli autori lo dicono chiaramente: le interazioni dirette, nonostante siamo in una società iper-connessa, migliorano la performance. Creare dunque occasioni di incontro sia fuori che dentro e in questo caso favorirle tramite gli spazi, porta risultati. Un esempio concreto è dato dalla società norvegese di telecomunicazioni Telenor che addirittura 11 anni fa ha ridisegnato i propri uffici togliendo le postazioni fisse e preferendole spazi facilmente riconfigurabili a seconda dei progetti da seguire e del team con cui collaborare. Lo stesso CEO Jon Fredrik Baksaas ha messo in evidenza come questo “restyling” è stato determinante nel far diventare la sua azienda una multinazionale competitiva.

La vicinanza fisica aumenta – a differenza di quanto si pensi – la comunicazione virtuale. Waber, che oltre a essere l’autore dell’articolo, è presidente e CEO di Sociometric Solutions, ha avuto modo di constatare  come si può leggere su Fast Company, come dei tecnici che condividevano degli spazi erano più propensi a comunicare in maniera digitale tra di loro e a scambiarsi e-mail 4 volte in più di quanto facessero quando collaborano allo stesso progetto. Il risultato? I loro progetti venivano conclusi più velocemente di quando lavorano in posti differenti.

UFFICI CHE… SCOMPAIONO
Spazi che innovano e trasformano ma che anche… scompaiono

Dedicate, se potete, una manciata di minuti al video qui sotto.

Succede nell’agenzia Heldergoren di Amsterdam dove dalle 18, appena concluso l’orario di lavoro, le scrivanie, i tavoli, i computer “spariscono” e l’ufficio si trasforma in uno studio yoga, un posto dove imparare nuovi passi di danza ecc… Tutto questo, a detta del direttore creativo Sander Veenendaal: “Per rendere più facile il lavoro all’interno dell’agenzia e avere chiaro qual è il tempo da dedicare al relax”. Gestendo in questo modo il work life balance.

Open innovation anche questa?