Selfie Management

Future Selfie Management

La classe dirigente è prigioniera dell'autoscatto?

sintesi

Passato È da cinque anni che parliamo di weconomy e di pratiche collaborative. Le Aziende ci provano o fanno finta di provarci, spesso con discutibili e risibili risultati. I media si esaltano a parlare di condivisione e anche Jeremy Rifkin si esalta nel suo nuovo saggio - The zero marginal cost society- fresco di stampa negli Usa, a rimasticare scenari ormai datati che vanno dalla civiltà digitale all’internet delle cose, dalle economie collaborative alla sharing economy. Beninteso: non stiamo dicendo che questo trend è un pallone gonfiato o che il fenomeno non esista o che non sia da incoraggiare, ma non esiste una nuova economia della condivisione (stabile e con numeri forti) che sta, come ci viene narrato, cambiando radicalmente mondo e paradigmi se non in nicchie oppure per pratiche gestionali di basso profilo. È soprattutto in alto (molto in alto) che manca la vocazione alla collaborazione. Dal recentissimo passato: Marchionne, Montezemolo, Della Valle, collaborare? Che palle! La rissa “reality show” attorno al futuro della Ferrari fatta da tre personaggi che dovrebbero essere tre congiunti difensori del made in Italy ci dice una cosa chiara ben sintetizzata da un recente editoriale di Federico Rampini su la Repubblica: “In un Paese normale, a maggior ragione in una pesante crisi economica, tre personaggi del genere sarebbero uniti nello stesso sforzo: curare l’immagine nazionale, collaborare per una rinascita”. Invece dove si comanda sul serio non si collabora mai sul serio. E questo ci porta al nostro italico presente. Presente Più che di Self-Management (l’autogestione delle risorse) dovremmo parlare di selfie Management (l’autoscatto come risorsa). Il dilagare del “selfie vip” durante la canonizzazione dei due Papi a Roma non solo rappresenta “l’egokitch” da ritwittare, taggare, ovviamente subito, con hashtag autoriferiti (su Instagram ci sono circa 100 milioni di foto postate con l’hashtag #me), ma anche la nostra idea di We. Siamo qui con voi per condividere sui social il nostro ego. Insomma solo nelle sciocchezze siamo veramente collaborativi. A livello simbolico la tirannia dell’autoscatto ci conduce al solito narcisismo mentre la collaborazione richiede un distaccato altruismo. Se il mio io si gonfia il noi si sgonfia. Dire “ma è solo un innocuo gioco” significa sottovalutare le fenomenologie. Molte pratiche collaborative sono oggi diffuse solo perché producono un diretto vantaggio per l’utente. Ma in ambito gestionale rimangono molte perplessità perché non basta certo qualche accogliente spazio di co-working per gridare alla weconomy. Futuro Collaborare in Amazon? Il capo è il capo (Jeff Bezos) e comanda lui. Punto. Se in realtà fatichiamo a collaborare con gli umani ci riuscirà meglio con le macchine intelligenti? L’incombente “computo ergo sum”, fatto di computer minacciosamente cognitivi e robot terribilmente abili (smart) introduce il futuro tema della leadership artificiale: dalla gestione delle risorse umane alla gestione delle risorse artificiali. Sembra un monito uscito dalla pagine di Io, Robot di Asimov invece è una nuova realtà con cui il Manager deve e dovrà fare i conti. Algoritmi sofisticati e intelligenza artificiale. La tecnologia è pronta per l’ultimo salto evolutivo: pensare e agire, apprendere e decidere, analizzare e prevedere. Il che ci porta al fatto gestionale. Da un lato avremo i dipendenti che prendono ordini da macchine e dall’altro i Manager che devono imparare a dare ordini ai robot. Tutti poi dovranno imparare a lavorare in una tripartizione collaborativa fatta di Manager, dipendenti e macchine. Le quali vanno educate, altrimenti rischiamo che il futuro “Hal 9000” si rifiuti di collaborare proprio come nelle battute finali del film 2001, Odissea nello spazio. L’economia collaborativa non deve essere un atto cosmetico o artifizio ma un’attività voluta e applicata in ogni ambito organizzativo. Altrimenti i risultati non ci sono.