La creatività tra industria, organizzazione, città e... generazioni

Society La creatività tra industria, organizzazione, città e... generazioni

Il concetto di generazione è indissolubilmente legato non solo al tempo ma anche allo spazio. Nuove generazioni di spazi abilitano nuove generazioni di Imprese e di persone. Ne parla il Professor Mario Abis.

sintesi

Il concetto di generazione è indissolubilmente legato non solo al tempo ma anche allo spazio. Nuove generazioni di spazi abilitano nuove generazioni di Imprese e di persone. Ne parla il Professor Mario Abis. Il piano strategico a 35 anni di Seul si concentra su investimenti e crescita dell’industria creativa, idem per molte parti del piano di Londra (a 50 anni), idem per i piani delle città australiane tipo Melbourne e per molte città medie americane come Indianapolis. L’industria creativa è una dimensione fondamentale dello sviluppo e della “visione” dello sviluppo dentro le città che sono, più dei Paesi, il motore dell’economia (prima del 2050 vi abiteranno i 2/3 della popolazione mondiale). Industria creativa da non confondersi con industria culturale e che, indipendentemente da settori e mercati, si identifica nei processi di innovazione secondo due modelli: quello dell’innovazione radicale (per rovesciamento o rottura dei paradigmi ideativi classici: ad esempio la scoperta di una molecola, l’invenzione del reality show, la nascita del car sharing) o per innovazioni piccole ed incrementali (il digitale ne è pieno). Come impatta la creatività d’impresa? È un fatto di talenti individuali immessi nella filiera o è a sua volta un modello di organizzazione, quindi un sistema collettivo e cooperativo che si inserisce nell’azienda? La prima ipotesi non è da escludere: il genietto che inventa qualcosa di completamente nuovo esiste. Ma è sempre più raro. Trovare forme collettive e cooperative che inducano innovazione, che siano esse stesse strutture creative, è il tema su cui ragionano le imprese, soprattutto quelle ad alta tecnologia. Le visioni sono diverse ma alcuni punti sono certi: 1. Le organizzazioni verticali e gerarchiche sono quanto di meno creativo si possa immaginare. Il talento implicito e diffuso nell’habitat aziendale è soffocato dai meccanismi di processo: è l’esatto contrario di una “condizione creativa”. 2. Le organizzazioni destrutturate, orizzontali e randomizzate costituiscono un habitat a contrariis che favorisce la comunicazione creativa. 3. Sono fondamentali i meccanismi misti (per funzioni e saperi) che contaminino e stimolino verso un progetto comune risorse differenziate. 4. L’ambiente fisico (bellezza+sostenibilità ambientale) è il mood e insieme il contesto per favorire i flussi creativi. 5. La costruzione di spazi aperti che prevedano mobilità interne, punti di incontro, destrutturazione dei tempi di lavoro, appare una condizione favorevole (non a caso molte idee nascono nelle pause e negli spazi caffè). 6. La metropolitanizzazione di aziende e uffici (dimentichiamoci gli isolamenti periferici anche se tecnologici) costituiscono l’humus nuovo delle imprese che devono ‘sentire’ il contesto, i flussi di stimoli e le provocazioni anche sensoriali della città. Che è oggi essa stessa la più imprevedibile e affascinante fabbrica creativa. In tutto il mondo i processi di riqualificazione delle aree industriali generano spesso un insieme di imprese e laboratori che si stimolano a vicenda, creando una sorta di metamondo creativo. Il modello serendipity crea nella destrutturazione delle organizzazioni processi aperti e integrabili con altre organizzazioni. Il concetto stesso dei ‘distretti creativi’ alimenta l’idea di qualcosa che può diventare un tutt’uno: nuove aziende e progetti comuni nati proprio dallo scambio di esperienze e visioni nella contiguità di un contesto fisico. E gli esempi del design che si contamina con il multimediale, di contenuti audiovisivi che si integrano con progettazioni di servizi sono già molteplici. Come diceva un matematico di più di un secolo fa, Poincaré, sono le connessioni imprevedibili di quello che c’è già a dare gli stimoli per fare quello che non c’è ancora.