Il messaggio è il messaggio

Innovation Il messaggio è il messaggio

La famosa locuzione "Il medium è il messaggio" di McLuhan ormai non vale più.

sintesi

E anche questo finisce nel cestino: una certa idea di mondo (degli affari). Siamo tutti cresciuti, professionalmente, con il diktat chiaro del villaggio globale. Ne “Gli strumenti del comunicare”, una delle più importanti opere di McLuhan, il sociologo canadese mise l’accento non più sul contenuto ma sul mezzo. La famosa locuzione “il medium è il messaggio”, infatti, sintetizzava perfettamente questa teoria, ovvero: i mass media (ma anche i canali) non sono neutrali ma hanno un’influenza sui destinatari del messaggio, influenza che va al di là del contenuto specifico che veicolano. Media e canali potevano imporre ogni contenuto (raro) e non contenuto (frequente). Chi possedeva i mezzi giustificava ogni fine. Parlo al passato perché sono cose passate. Fordismo, produzione di massa, consumi di massa, comunicazione di massa , tutto finito. Il flusso ripetitivo di prodotti (ma anche media e canali) standardizzati in serie è in crisi. Non solo: no content no party. O detto diversamente: “Il messaggio è il messaggio”. Nell’era post- Gutenberg i canali di comunicazione di massa perdono di importanza. Il medium non è più il messaggio. Tornano prepotentemente il contenuto e la qualità del contenuto. Avere una storia da raccontare e raccontarla. Concentrarsi sul senso e sul valore. In futuro (anche se virtualmente) ci raccoglieremo di nuovo in cerchio attorno a un fuoco a raccontare e ascoltare storie. Ma occhio che siamo in troppi attorno al fuoco. Nell’era digitale tutti hanno accesso al mezzo (internet) e tutti possono raccontare storie. Ovvio che il potere passi di mano e che ora anche le grandi aziende debbano di nuovo concentrarsi spiccatamente sul contenuto ragionando sul fatto che oggi: 1) il messaggio torna a casa. O meglio la storia torna alla sue origini e a luoghi deputati: la piazza (reale o virtuale) dove il grande narratore racconta grandi storie, dal vivo. 2) Il messaggio è prolifico. Ogni messaggio ne può generare molti altri. La proliferazione è impressionante. Grazie a Internet, in potenza (e prospettiva, plausibile), ogni essere umano è un medium. Farsi ascoltare diventa più difficile. 3) Il messaggio è cheap o deep. Due le strade che si diramano di fronte a noi. Il che almeno facilita la scelta essendo un aut aut. O prezzo o valore. O fare i cinesi (malamente) o fare gli italiani veri (finalmente): creare e stupire. 4) Il messaggio è dibattito. Il contenuto va discusso, non comunicato. Pro e contro: sì, esatto, anche il vostro prodotto o servizio deve usare la trasparenza dei punti di forza e di debolezza. 5) Il messaggio è qui e ora. Niente Zen, solo che oggi tutto è “wow now”. Per le nuove generazioni ciò che non accade ora (nell’immediato presente e in tempo reale) non esiste. Le tecnologie digitali hanno accelerato questo processo percettivo (e le opportunità di consumo just in time). Il presente si espande e ruba spazio a passato e futuro. Per chi non vede oltre il proprio naso l’offerta di servizi e prodotti (e contenuto) deve essere terribilmente vicina. Pensate ai google glass, perfetta metafora del wow now. 6) Il messaggio è nuovo. Causa proliferazione accogliamo solo messaggi nuovi, inediti e inaspettati. Il concetto chiave non è più attention economy (guadagnare l’attenzione) ma interesting economy (rendersi interessanti). 7) Il messaggio è storia. Ma la storia non basta più. Se tutti dominano la retorica dello storytelling per promuovere e posizionare prodotti e servizi il distinguo è sulla verità (vedi sotto). 8) Il messaggio è autentità (identità autentica). Il messaggio autentico, genuino, vero, magari anche crudo fa breccia in un’epoca dominata dai contenuti amatoriali e trasparenti (verificabili in ogni momento). 9) Il messaggio è umano. Il gossip lo insegna da sempre: alle persone interessano le storie di altre persone. La rete ha amplificato questa pratica e le aziende devono imparare a umanizzare il proprio racconto.

Weconomy book

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